domenica 1 dicembre 2013

Can we start again? 10/19

Chloe lasciò la Watchtower, si mise alla guida e in meno di un quarto d’ora raggiunse l’ospedale di Metropolis. Appena entrata vide Clark in fondo a uno dei corridoi che le faceva cenno con la mano. Lo raggiunse e lo strinse in un veloce abbraccio.
Poi si voltò e lo vide. Era nella stanza proprio di fronte a lei.
Il cuore iniziò a martellarle nel petto, come se stesse per scoppiare da un momento all’altro e la testa iniziò a girarle. Stava per perdere l’equilibrio e se Clark non l’avesse sorretta era sicura che avrebbe perso i sensi. Quando la sensazione di vertigine passò, si avvicinò al vetro che la separava da Oliver.
Stava dormendo. Aveva un occhio nero, il labbro gonfio e segni di violenza su tutto il viso e il corpo. “Cosa ti hanno fatto?”
Clark le si avvicinò da dietro mettendole una mano sulla spalla “Da quello che sappiamo volevano estorcergli informazioni su di me, per questo è ridotto così, quando si è rifiutato di collaborare anche sotto tortura hanno deciso che avrebbero potuto utilizzarlo a loro vantaggio contro di noi, ma li abbiamo anticipati”
“E’ temporaneo?”
“Cosa?”
“Il suo stato. Ricorderà?”
“Emil non lo sa”
Chloe si portò la mano alla bocca, sentiva le lacrime bagnarle le guance. Senza dire parola si diresse verso la porta lasciando Clark indietro a osservarla. Entrò nella stanza, prese una sedia e la accostò al letto, avvicinandosi il più possibile a lui. Gli accarezzò la guancia e poi la fossetta che tanto amava. Dio quanto gli era mancato. Non le importava che non ricordasse niente di loro, l’unica cosa che contava in quel momento è che fosse a casa e che fosse vivo.
Oliver si sentiva smarrito. Tutto intorno a lui era buio, sentiva dolore e un fragore assordante e continuo. Il rumore non cessava mai. La testa gli pulsava violentemente. Voleva solo andare via da quel posto orribile, tornare a casa. Sentiva stringere i polsi e le caviglie. Ogni suo tentativo di movimento gli procurava ancora più dolore. Gli mancava l’aria e sentiva il corpo bruciare. Delle risate stridule gli risuonavano nelle orecchie. Poi una di quelle diaboliche donne gli si avvicinò. Oliver si allungò verso di lei e le strinse le mani intorno le braccia. Le scavava nelle ossa, avrebbe potuto stritolargliele. La donna urlava.
“Ollie! Ollie! Ti prego, sono io”
Ollie? Era confuso. Dischiuse gli occhi. Questa donna era diversa dalle altre, era bionda e minuta e non voleva fargli del male. La sua voce era gentile. Aprì ancora un po’ gli occhi. Il suo profilo era indistinto ma aveva un’aria familiare. Aprì del tutto gli occhi e mise a fuoco la figura di fronte a lui. Quando si rese conto di chi si trovava davanti, sconvolto la lasciò andare e iniziò a respirare affannosamente.
“Chloe?Io…mi dispiace” abbassò lo sguardo imbarazzato.
Chloe istintivamente si portò ancora più vicino a lui e lo abbracciò “Va tutto bene Oliver, sei a casa adesso” Lui rimase immobile. Immediatamente Chloe si rese conto che i suoi ricordi risalivano a due anni prima, in quel periodo loro erano sì buoni amici, ma non avevano mai avuto questo grado di confidenza, doveva averlo messo a disagio. Stava per tirarsi indietro quando anche lui avvolse le sue braccia intorno a lei. Era così confortevole tenerla stretta a sé.
“Credevamo che fossi morto” Oliver sentì al sua spalla inumidirsi. Chloe stava piangendo. Provò un’inspiegabile fitta al cuore.
“Sono qui adesso”
La strinse ancora di più mentre con una mano le accarezzava i capelli.
Poi non dissero più niente, rimasero senza dire una parola, in quella posizione per qualche minuto.
Infine, anche se riluttante Chloe si staccò da lui.
“Scusami”
Oliver la guardò confuso “No, scusami tu per prima, credevo…non importa! Scusami davvero”
“Credevi di trovarti ancora prigioniero” Oliver annuì.
“Allora ti ricordi”
“L’ultima cosa che ricordo è che mi trovavo di pattuglia a Star City e poi bam, ho una specie di flash in cui vedo questo posto buio e angusto e mi ricordo il dolore. Poi nient’altro.”
Chloe lo guardò con aria triste e tra loro scese il silenzio.
“Ehm Clark mi ha informato della mia amnesia”
“C’è qualcosa che posso fare per te? Qualcosa che vorresti sapere?”
“In realtà in questo momento l’unica cosa che vorrei, è uscire da questo dannato ospedale”
“Parlerò con il dottor Hamilton e vedremo se sarà possibile”
Un’infermiera fece capolino nella stanza “Signorina, l’orario di visita sta per terminare”
“D’accordo” si rivolse poi a Oliver “Beh devo andare” si alzò dalla sedia.
Oliver si sentiva mancare l’aria, non voleva che andasse via “Tornerai domani, non è vero?”
“Certo! Tu riposati adesso, ci vediamo domani Ollie” si corresse all’istante “Oliver”
“Non sono molte le persone mi chiamano così” Chloe distolse lo sguardo “Ma sono contento che anche tu adesso sia una di queste” le disse sorridendo. Era uno dei suoi sorrisi capace di stenderti e Chloe non poté non sorridergli di rimando. Si voltò e lasciò la stanza.
Clark era rimasto ad aspettarla.
“Come stai?”
“Sto bene Clark, passerà anche questa, come sempre. È solo un’altra cicatrice da aggiungere al resto”


Capitolo 11

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